Crisi d’impresa e controllo di gestione: obbligo o opportunità per le PMI?
Negli ultimi anni, il panorama normativo e imprenditoriale italiano ha subito una trasformazione silenziosa ma profonda. Complice l’introduzione del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, è cambiato il modo in cui le aziende – anche quelle di piccole dimensioni – sono chiamate a gestire la propria stabilità finanziaria.
Oggi, il controllo di gestione non è più un optional per chi vuole “fare impresa bene”: è diventato una condizione necessaria per prevenire le crisi, mantenere la continuità aziendale e garantire la solidità nel tempo. E in questo scenario, le PMI non sono più esonerate: sono, anzi, tra le realtà più esposte e vulnerabili.
Il Codice della crisi d’impresa: cosa dice davvero?
Il D.Lgs. 14/2019, noto come Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, è stato pensato per spostare l’attenzione dalla gestione dell’insolvenza alla prevenzione della crisi. Un cambio di paradigma importante, che richiede agli imprenditori di individuare segnali di squilibrio economico-finanziario in anticipo, per evitare che la situazione degeneri.
Uno degli aspetti più rilevanti della normativa è l’obbligo per tutte le imprese – comprese le micro e piccole imprese – di adottare assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e dimensione dell’attività.
Tradotto: l’imprenditore deve essere in grado di:
Rilevare tempestivamente eventuali squilibri patrimoniali o finanziari
Valutare la sostenibilità dei debiti nel medio termine
Monitorare la continuità aziendale almeno su 12 mesi
A questo punto, il controllo di gestione si presenta come lo strumento principe per rispondere agli obblighi normativi e per avere sotto controllo la bussola economica e finanziaria dell’impresa.
Un sistema di controllo di gestione ben impostato consente di:
Pianificare obiettivi economici e finanziari realistici
Costruire budget annuali e monitorare costantemente gli scostamenti
Effettuare previsioni di cassa, utili sia per la pianificazione che per il dialogo con le banche
Misurare marginalità e performance per prodotto, cliente o area di business
Attivare segnali d’allerta interni che avvisano se si stanno superando soglie critiche
Non si tratta solo di numeri: si tratta di informazioni strutturate che aiutano a prendere decisioni più rapide e fondate, in un contesto economico che oggi è sempre più incerto e competitivo.
Esempio pratico: l’importanza della previsione di cassa
Prendiamo una tipica PMI commerciale con buoni volumi di vendita, ma margini ridotti e forti escursioni di liquidità. Il bilancio dell’anno scorso è in utile, ma le scadenze fiscali e i pagamenti ai fornitori stanno mettendo sotto pressione la cassa.
Un sistema di controllo di gestione basato su cash flow previsionale avrebbe permesso all’imprenditore di anticipare queste criticità e magari negoziare condizioni più favorevoli con i fornitori o pianificare con la banca una linea di credito temporanea.
Senza questi strumenti, il rischio è di trovarsi a gestire l’urgenza – e non la strategia.
Non solo obbligo, ma leva competitiva
Molte imprese vedono inizialmente l’introduzione di un sistema di controllo come un onere, un costo, una complicazione. Ma chi riesce a superare questa prima impressione scopre presto che il vero valore è strategico.
Un controllo efficace consente di:
Capire dove si guadagna e dove si perde
Individuare attività inefficaci o non redditizie
Fare scelte di investimento più informate
Migliorare il rating bancario e quindi l’accesso al credito
Presentarsi in modo più solido davanti a potenziali partner o investitori
È proprio qui che l’obbligo si trasforma in opportunità: il controllo di gestione può diventare un vantaggio competitivo rispetto a chi ancora si affida solo al bilancio annuale come strumento di valutazione aziendale.
Simone Turini